Section outline
-
Il presidente uscente, ma pur sempre il presidente della democrazia che ha posto la libertà di espressione al posto d’onore della Costituzione del 1789; il presidente degli Stati Uniti d’America è stato bannato, gli è stata tolta la parola a tempo indeterminato nelle piazze digitali globali dove tre miliardi di persone dialogano e si informano.
Smarrimento che diventa sgomento se pensiamo che la decisione di espulsione non è stata presa da qualche organismo democratico, da un’autorità di garanzia: è stata presa dai rispettivi amministratori delegati di Facebook e Twitter. Pollice verso: cacciatelo. Due privati cittadini che decidono chi ha diritto di parola e chi no. E se il rimedio si rivelasse peggiore del male?
Occorre precisare che l’espulsione di Trump è avvenuta l’8 gennaio, a ridosso dell’assalto a Capitol Hill ed è stata presentata come una misura di ordine pubblico.
Questo episodio ha acceso un vivace dibattito al quale non si sono sottratti filosofi, giuristi, politici, giornalisti ed esperti della Rete.
A Giulio Enea Vigevani, docente di Diritto costituzionale e di Diritto dell’informazione, abbiamo rivolto tre domande. Tra l’altro il Professor Vigevani nei giorni scorsi è stato tra i promotori di un importante convegno, La libertà di espressione del domani, dedicato al ruolo dei social e al diritto di parola. Perché la vicenda Trump ha delle ricadute ben più ampie fino a toccare ciascuno di noi e i nostri diritti più sensibili.
-
Kaltura Video Resource
-
Kaltura Video Resource
-
Kaltura Video Resource
-
Forum